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P. SERTORIO CAPUTO: PATERNESE DI ORIGINE, AQUILANO DI ADOZIONE

Un omaggio doveroso al padre gesuita, nostro illustre concittadino, anima dell'Accademia dei Velati dell'Aquila e tra i massimi esponenti culturali del XVI secolo.


Il cuore di ogni società è rappresentato dai giovani che la abitano e la vivono con la curiosità e l’intensità propria della loro età. In questi giorni nei quali gli abitanti dell’Aquila e dell’Abruzzo sono stati colpiti dall’immane catastrofe del terremoto, il simbolo della tragedia è stato la Casa dello Studente, l’edificio dell’Aquila nel quale giovani vite sono perite in modo così terribile. Vogliamo sentirci ancor più vicini a loro attraverso il ricordo di un piccolo pezzo di storia, che offre l’occasione per un gemellaggio ideale tra la comunità paternese e quella aquilana.

Una raffigurazione di P. Sertorio Caputo in un dipinto del pittore olandese Cornelis Bloemaert risalente al XVII secolo


Iniziamo col dire che all’Aquila il Collegio d’Abruzzo, detto anche Collegio Universitario d’Abruzzo (CUA), è una comunità educativa della Compagnia di Gesù che accoglie giovani iscritti all’università della città e propone loro un cammino di formazione globale per diventare professionisti qualificati al servizio della comunità umana, uomini per gli altri (P. Arrupe). Il suo Progetto Educativo è fedele alla tradizione dei padri gesuiti che per quattro secoli hanno operato nella città di L’Aquila e nel Collegio, e s’ispira alla pedagogia di Sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) che nelle Costituzioni della Compagnia di Gesù afferma: Poiché il bene quanto più è universale, tanto più è divino si deve dare la preferenza ai quei luoghi, a quelle persone, che dopo avere rivelato vantaggi per se stesse permettono al bene di estendersi a molti altri che subiscono il loro influsso o che ne sono governati… (E per lo stesso motivo) si deve preferire l’aiuto che si dà a grandi nazioni o a città importanti o a sedi universitarie dove di solito accorrono molte persone, le quali una volta aiutate possono diventare operatori di bene in aiuto di altre (p.VII, 622). Forse in pochi sanno che la prima istituzione culturale abruzzese è stata l’Accademia dei Fortunati, fondata all’Aquila nel 1579: il suo motto era Stat Fortuna, e il suo emblema era costituito da una gamba poggiata su un’ancora. Tra i principali esponenti dell’Accademia vi era Salvatore Massonio, noto come “Avviluppato”, nato nel 1559 e morto nel 1629, medico, scrittore e storico, sicuramente tra le più influenti personalità culturali del suo tempo. Massonio, eletto Principe dell’Accademia per ben sette volte consecutive, con la collaborazione di Amico Agnifili, Flaminio Antonelli e Baldassarre Cappa, contribuì a dare un forte impulso alle attività e allo spirito culturale aquilano e abruzzese, ma non riuscì a impedire, nel giro di appena vent’anni, che l’incuria e l’indifferenza di gran parte dei soci prevalessero sul fervore che anni prima aveva alimentato il fulcro dell’accademia, tant’è che l’istituzione rischiò la sua chiusura. Fu però l’intervento dei gesuiti a ridare nuova linfa alle iniziative cultuali aquilane. Intanto, nell’anno 1596, su richiesta dei Magistrati dell’Aquila, il padre gesuita Roberto Bellarmino, superiore delle Provincia Napoletana, inviò nel capoluogo abruzzese due sacerdoti del suo ordine con l’incarico di fondare il Collegium Aquilanum per “l’educazione e la formazione cristiana della gioventù della città”. L’attività culturale ebbe così nuovo slancio, e contribuì a ravvivare tutte le iniziative che sembravano avviate al declino. Dai documenti dell’epoca risulta in particolare che l’apertura del Collegium Aquilanum rappresentò un avvenimento straordinario, una vera e propria novità per l’intera comunità cittadina. Basta citare per esempio quanto scrive il Clementi nella sua “Storia dell’Aquila”: “L’impianto del collegio aquilano rappresenta il momento più alto dell’attività educativa dei gesuiti in Abruzzo tanto che, a ragione, il suo livello può essere considerato di grado universitario”.
Sono questi gli anni in cui, grazie alla presenza del Collegium, si affaccia sulla scena culturale aquilana un gesuita, padre Sertorio Caputo, nato a Paterno Calabro il 25 novembre 1556: la vicinanza a uno zio sacerdote (il fratello della madre), che era stato prima Rettore del Seminario di Cosenza, poi Vicario della diocesi di Umbriatico (KR) e infine incaricato di alcune missioni, portò padre Sertorio a Napoli, dove, presso il noviziato della Nunziatella, studiò Filosofia. Rientrato poi a Paterno, si interessò dell’amministrazione dei beni di famiglia, dedicandosi nel contempo, allo studio delle scienze matematiche. Qualche anno dopo aprì una scuola di matematica a Cosenza, e per cinque anni vi insegnò. Successivamente, decise di entrare nella Compagnia di Gesù, e, nell’ultima decade del sedicesimo secolo, chiuse la scuola cosentina e si trasferì all’Aquila, dove la riaprì, dedicandosi anche alla fondazione di una congregazione detta dei Chierici. Nel 1598, inoltre, fu tra coloro che promossero il cambiamento del nome dell’istituzione accademica cittadina, che si tramutò in Accademia dei Velati, adottando come stemma un’aquila in volo tra le nubi. La sede dell’istituzione accademica era nello splendido Palazzo del Magistrato, che attualmente ospita la sede municipale del capoluogo regionale, posto di fonte alla chiesa dei Gesuiti. L’edificio era stato progettato da Pico Fonticulano e aveva già ospitato Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V e governatrice dell’Abruzzo, che divenne moglie di Ottavio Farnese. Grazie all’azione instancabile di padre Sertorio Caputo, l’Accademia dei Velati si dedicò alla promozione di studi in diversi campi dell’intelletto, dalla filosofia alla matematica, dalla retorica alla filologia, alla storia, alla poetica. Con padre Sertorio collaborarono diversi esponenti culturali aquilani dell’epoca, a partire proprio da Salvatore Massonio, ad Antonio Alferi, Giulio Cesare Benedetti (noto come Guelfaglione) e Muzio Pansa.

L'esterno della Chiesa di S. Margherita a L'Aquila, conosciuta anche come "dei Gesuiti", al cui interno è sepolto p. Sertorio Caputo


Intanto, l’11 settembre 1608 padre Sertorio, che veniva chiamato "Angelo della Carità", morì in odore di santità e fu sepolto in una cappella (la prima a destra) della chiesa di S. Margherita o "dei Gesuiti": la Chiesa lo ha proclamato Beato e il suo nome è rimasto indelebile nella memoria e nel cuore dei gesuiti, per le continue esortazioni alla preghiera e per l’amore incessante verso la Madonna. Come scrive p. Antonio Barone, gesuita, nella sua Vita del P. Sertorio Caputo Gesuita in quattro libri, padre Sertorio era solito invitare tutti quelli che si trovassero ad assistere un moribondo a ripetergli spesso il nome di Maria, poiché questo nome di vita e di speranza, pronunziato in punto di morte, bastava da solo a disperdere i nemici e a confortare i moribondi in tutte le loro angosce. E ancora, nella biografia scritta da p. Barone, si legge testualmente:
Dicea il v. p. Sertorio Caputo che 'l demonio, per attaccare insieme le persone spirituali, a principio si serve del pretesto della virtù, affinché fatto l'attacco, passi poi l'affetto dalla virtù nelle persone. Avverte perciò S. Agostino: Sermo brevis et rigidus cum his mulieribus habendus est: nec tamen, quia sanctiores sunt, ideo minus cavendae; quo enim sanctiores [...]>
L’attività accademica intanto proseguì ininterrotta fino al 1717, quando venne mutata in Colonia Aternina dei Velati e quindi Colonia Aternina degli Arcadi, con finalità letterarie, per iniziativa di Giuseppe De Benedictis, barone di Scoppito, che ne fu Principe. Da allora si sono susseguiti vari mutamenti nel nome e nelle finalità, senza peraltro notazioni degne di rilievo. Nel 1968 il Collegio d’Abruzzo diventa Collegio Universitario aperto non più a studenti delle scuole medie superiori, ma a giovani universitari. Nel 1971, due matematici dell’Università dell’Aquila, i docenti Franco Eugeni e Serafino Patrizio, costituirono il Circolo dei Velati, in ricordo dell’antica Accademia, la cui presidenza fu affidata al prof. Franco Pellegrino. Il Circolo divenne ben presto una vera fucina di iniziative culturali e scientifiche multidisciplinari, nella quale molti giovani docenti dell’ateneo aquilano si cimentarono in studi e ricerche.

La badia di Corropoli, attuale sede dell'Accademia Piceno Aprutina dei Velati


Nel 1998, in occasione del quarto centenario dalla fondazione dell’antica Accademia dei Velati, è nata l’Accademia Piceno Aprutina dei Velati (Apav) alla cui guida è stato chiamato lo stesso prof. Franco Eugeni. Numerose le attività formative e culturali che si sono susseguite nell’ultimo decennio, tra cui quella, in collaborazione con l’università “Petre Andrei” di Iasi (Romania), legata all’attivazione del corso di laurea online in Scienze economiche. Nel frattempo, l’Accademia si è insediata nella splendida Badia di S. Maria di Mejulano, a Corropoli, cittadina in provincia di Teramo. L’edificio, situato sulla sommità d’un colle, venne costruito dai padri benedettini all’inizio del secondo millennio sui resti d’un tempio pagano preesistente. Oggi da più parti, soprattutto nell’ambiente universitario, il collegio dei gesuiti viene considerato il seme dell’attuale Ateneo aquilano aperto nel 1982. L’Università è il cuore pulsante di ogni comunità, il centro propulsore da cui partono e si dipanano pensieri, idee, progetti e confronti che diventano futuro. Ed è proprio da questo spunto che vogliamo partire per augurare all’Università dell’Aquila, a tutti i giovani che la frequentano e la frequenteranno, un futuro radioso di crescita sociale e culturale per la loro città e per la gente d’Abruzzo. Spendiamo infine ancora una parola sulla figura del Beato Sertorio Caputo, la cui fama, frutto di un'esistenza interamente votata alla carità e alla dedizione verso gli altri, meriterebbe maggiore fortuna presso i paternesi di oggi. Esortiamo perciò le istituzioni civili, culturali e religiose operanti sul territorio a promuovere la diffusione della figura di p. Sertorio, esempio fulgido e animoso di paternese che ha lasciato in eredità ai propri concittadini valori fondamentali e indelebili.


Luigi Caputo


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