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IL NATALE A PATERNO... MEZZO SECOLO FA

Muschio, cartone, paglia, pietre, e molta fantasia...


La natura della festa più bella riporta alla mente ricordi e nostalgie dell'infanzia, momento della vita nel quale una festa così particolare e' vissuta con semplicita' , candore e attesa trepidante


Natale e' alle porte e ci apprestiamo a vivere una delle feste piu' sentite e suggestive della cristianita', magari distratti e frastornati dal consumismo piu' sfrenato che uccide la poesia e la dolcezza dell'evento. Nessuno sapeva, neanche chi lo aspettava e non ha saputo cogliere il momento, che la nascita di un bambino, al freddo di una misera grotta di pastori, avrebbe cambiato per sempre la storia dell'umanita'. Questo bambino, allevato nella bottega di un falegname che serbava in se' il segreto di una paternita' putativa e di una maternita' misteriosa della sua sposa, e che non vedra' la sua eta' adulta, avrebbe poi svolto la predicazione della buona novella e portato a termine la missione di lavare l'umanita' della colpa originale, morendo crocifisso come un malfattore. Dopo quella Morte e dopo quella Resurrezione il mondo, dominato dai potenti romani, avra' un nuovo assetto che sconvolgera' quello precedente. Queste cose ci venivano dette, a scuola, dagli insegnanti e, in Parrocchia, dalle Suore durante il catechismo e dal Parroco nelle omelie domenicali, mentre oggi il Natale perde sempre piu' la sua suggestione, l'intima atmosfera di un mistero secolare, il valore di un evento che non solo caratterizza la nostra civilta' ed e' il cardine della nostra fede religiosa. Aspetti, questi, che ai piu', tra una settimana bianca e l'altra, tra una spiaggia esotica ed un paese lontano per vacanze in, sfuggono totalmente, ritenendo costoro che il Natale sia stato inventato dai fabbricanti di panettoni (ricordate i tormentoni pubblicitari del tipo senza il panettone xy che Natale sarebbe? ) o dagli agenti di viaggio, altrimenti detti tour operator! Il Natale è una di quelle feste che, per sua natura, riporta alla mente ricordi e nostalgie dell'infanzia, momento della vita nel quale una festa cosi' particolare e' vissuta con semplicita', candore e attesa trepidante e, piu' di ogni altra, colpisce la fantasia e da' gioia soprattutto ai bambini. E allora rivado alla mia infanzia a Paterno e cerchero' di dare ordine ai ricordi lontani ed un po' sfocati e che si accavallano e che evocano momenti e tradizioni.

Il Presepe
A Paterno, in famiglia, il Natale era preceduto dalla progettazione ed allestimento del presepe, per la tradizione risalente al Poverello di Assisi, molto diffusa e sentita essendo quella del nordico albero pressochè sconosciuta. Il presepe era costruito con materiali naturali quali tavole, pietre, sabbia fine, rami per gli alberelli, muschio raccolto nella grotta della Fontana Grande (anche questa era una occasione per andare alla fontana), dove con l'umidita' e il buio cresceva abbondante. Ci si dilettava nella costruzione di casette di cartone, fatte a mano una per una: ricordo a questo proposito che l'esattore comunale di allora, Raffaele Caputi, cognato della signora Dora Caputo, mia maestra delle prime tre classi elementari, era bravissimo a costruire queste casette, e mio padre si rivolgeva a lui fornendogli cartone, colla e vernici. Non potevano mancare naturalmente i pastori e tutti gli altri personaggi di terracotta, più o meno di pregio secondo le disponibilità , ma tutti nella migliore tradizione meridionale che aveva ed ha tuttora il suo punto più famoso in San Gregorio Armeno a Napoli: chissà se, oggi, anche lì i pastori non sono made in China, come i ricordini di S. Rita a Cascia o in altri famosi santuari.
La magia del Presepe intenerisce grandi e piccini
Per fiumi e laghi si usava l'acqua naturale e l'illuminazione elettrica era discreta e simulava la situazione di luoghi di notte scarsamente illuminati da fiaccole. Un giradischi, pardon un fonografo, era poi un lusso di pochi per mandare al momento giusto Tu scendi dalle stelle, Adeste fideles ed altri canti natalizi, sempre della nostra tradizione popolare: assolutamente sconosciuti erano canti come Stille nacht o quelli angloamericani tipo White Christmas, venuti di moda con la diffusione dei dischi Lp dagli anni '60 in poi. Tra il 1955 e il 1960 il parroco di San Pietro, don Raffaele Trozzo, che negli anni '70 lascerà Paterno per la natia Mendicino, dove morirà prematuramente, visitava con i ragazzi della Parrocchia le case dove era allestito un presepe e poi assegnava i premi a quelli che meglio interpretavano il Natale. Anche nelle parrocchie venivano allestiti i presepi e la notte di Natale si scopriva il Bambino, durante la Messa di mezzanotte, esposto poi alla venerazione dei fedeli.


La cena della Vigilia
A Messa (non c'era quella del Papa in Mondovisione!) ci si recava dopo la cena natalizia della vigilia e le tombolate, in famiglia, ospiti i vicini di casa. La cena era assolutamente di magro, quindi niente carne e dolci, con un menu molto tradizionale che comprendeva gli spaghetti con le alici e la mollica di pane, capitone o anguilla fresca e marinata, varie fritture di cavolfiori e broccoli, e poi crudità come sedani, finocchi, carote. Prima della cena, recitata la preghiera, il capofamiglia trovava sotto il piatto, fingendo grande sorpresa, le letterine di auguri dei figli, che leggeva ad alta voce: la lettura si concludeva con il bacio della mano dei figli al padre e alla madre e gli auguri tra tutti i componenti la famiglia.
A fine cena si lasciava a tavola un piccolo piatto con gli spaghetti che, secondo la tradizione, Gesù Bambino avrebbe mangiato in nostra assenza: la cosa costringeva ogni mamma a tornare per prima a casa dopo la Messa, per nascondere il piatto e quindi conservare nei bambini la tradizione dell'offerta a Gesù che visitava ogni casa e lasciava loro i regali: questi in genere erano dolciumi, caramelle, nocciole, torroncini (per lo più Renzelli di antica tradizione) e pochi soldi.
Nelle due settimane precedenti il Natale in ogni casa vi era tutto un gran lavoro di forno e cucina per i dolci natalizi, rigorosamente solo fatti in casa: panettoni e pandori erano assolutamente sconosciuti, ma nessuno ne sentiva la mancanza.
Per tutta la settimana seguente il Natale era uno scambiarsi di visite che avevano come punto centrale e obbligato grandi mangiate di dolci e giocate a tombola. Anche i giorni di festa la tavola di chiunque era ricca di abbondanza.

'A Strina
Gli ultimi giorni dell'anno si svolgeva per le vie e le case del paese una tradizionale cerimonia, non del tutto scomparsa ma un po' dimenticata: 'a strina, il cui termine si può identificare con strenna, quindi regalo, e, di conseguenza, augurio per il nuovo anno: nel pomeriggio i ragazzi, e a sera sino a notte gli adulti, detti anche strinari, giravano per le case di vicini e amici, e fuori dall'uscio di casa, talvolta mascherati per non essere subito riconosciuti, cantavano una canzone, appunto la strina, che su una melodia popolare costruita con accordi di minore si componeva di strofe improvvisate e dedicate ad ogni componente della famiglia visitata. Nella canzone si seguiva sempre una regola di priorità, nel senso che si partiva dai più piccoli e si finiva con la regina della casa, ossia la moglie del capofamiglia, che era anche colei che, secondo copione, si sarebbe dovuta arrendere e invitare gli strinari che nel frattempo si facevano riconoscere - ad entrare, offrendo loro dolci, vino e liquori.
Le settimane bianche, le vacanze esotiche, i tormentoni pubblicitari oggi fanno dimenticare tutto questo ed è bene che si possa raccontare a chi non ha vissuto quei tempi ma a quei tempi deve il proprio tempo di ora.
In chiusura, mi auguro che nel nostro Forum ci siano interventi che integrino e completino con altri ricordi l'evocazione di un passato che non deve essere mera nostalgia ma senso di civiltà e di domani, ricordando che chi non ha passato o lo cancella non avrà futuro.

Pino Florio

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