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LA STRADA PER IL CIMITERO


Come si presentava nel 1960, sotto la neve, il sentiero di accesso al Cimitero di Paterno

Nel 1960 a Paterno non esisteva ancora una strada carrozzabile che congiungesse il centro abitato al luogo di sepoltura dei defunti

Nel marzo del 1960 non esisteva a Paterno una strada carrozzabile dall’abitato al Cimitero, peraltro situato in un luogo infelice, argilloso, in ripida pendenza e già allora inadeguato. Credo che la costruzione dell’ attuale Cimitero del paese, avvenuta nel 1905, come riportato nell’incisione posta all’ingresso, risalga alla legge che obbligava la sepoltura fuori dalle chiese, ma non dispongo di notizie, affidate alla memoria di qualche nonno oppure alle carte, se esistono, del Comune. La chiesetta, ormai in totale rovina, di San Marco, il Santuario di S. Francesco, le chiese parrocchiali hanno lapidi di sepolture nei pavimenti e nelle pareti e sotto i pavimenti stessi abbondanti sono le tracce di sepoltura. Chi non ricorda l’ira del Foscolo che ne I Sepolcri sosteneva:


I monumenti inutili ai morti, giovano ai vivi,
perché destano affetti lasciati in eredità dalle persone dabbene.

Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
contende:

Foscolo si riferiva ad una legge napoleonica del 1806 che imponeva la sepoltura dei morti fuori dall’abitato:

E’ proibito il seppellire i cadaveri in altri luoghi che nei cimiteri. Questi saranno necessariamente collocati fuori dall’abitato dei comuni.
[Giornale Italiano, n. 276, 3 ottobre 1806]

Ma di simili leggi ne erano state pubblicate molto prima in Lombardia dal governo austriaco. E la legge napoleonica vietava la fama ai morti (che ne sono degni). Ciò la legge otteneva non soltanto col vietare che i cadaveri dei cittadini di ogni classe fossero sepolti lontano dalla città e accomunando le sepolture dei tristi e dei buoni, degli illustri e degli infami (un Foscolo classista anche con i morti che la legge egualitaria accomunava a prescindere dalla loro condizione) e specialmente impedendo ai cittadini di visitare i cimiteri.
A Paterno, in questa occasione come non mai in altre, evidentemente la legge fu presa alla lettera e quindi fu costruito un cimitero dislocato in un luogo scomodo e dove si dovevano portare i morti a spalla, dove era molto difficoltoso per tutti recarsi, soprattutto d’inverno, e lo era, soprattutto, per le persone anziane, non più in grado di essere alpinisti.
E quindi un novello Foscolo avrebbe lanciato i suoi strali contro questa situazione… ma Paterno non disponeva di un poeta all’altezza!
Ho ancora impresse le immagini dei trasporti funebri a spalla dalle Chiese parrocchiali sino al Cimitero oppure dall’Ariella (le ultime case di via Roma) quando cominciavano ad arrivare i carri funebri che lì dovevano arrestarsi, col prete che benediva la salma che proseguiva poi appunto a spalla in una gara di solidarietà degli amici, robusti, del morto, che percorrevano un sentiero stretto, ora ripido, ora polveroso ora fangoso, a seconda della stagione, con sforzi fisici ed equilibrismi notevoli.
Una volta sola – e non faccio il nome – si dovettero pagare i portantini a spalla, vuoi per il peso del morto e vuoi per la sua alterigia e tirchieria in vita!
In un programma elettorale per le elezioni amministrative del 1960, un partito in lizza e al potere elencava innumerevoli opere realizzate o da realizzare ma non faceva alcun cenno alla strada per il Cimitero; eppure tra le opere elencate figuravano la costruzione di una cappella funeraria e la sistemazione del Cimitero stesso.
La costruzione della strada era stata anche prevista subito dopo la seconda guerra mondiale (ne restano le tracce sopra la Fontana Grande) e doveva essere la Paterno-Piano Lago-Belsito che poi fu diversamente realizzata.
Di questo disagio mi ero fatto interprete con una corrispondenza, il cui testo viene riportato di seguito, che fu pubblicata il 9 marzo 1960 sulle pagine calabresi del quotidiano romano Il Tempo.
Ma come andò a finire? Dovettero passare quasi dieci anni: la strada attuale, comunque disagevole e precaria, vide la luce qualche anno più tardi, prima del 1970.




La riproduzione dell'articolo di Pino Florio apparso sul quotidiano Il Tempo nell'edizione del 9 Marzo 1960

Il culto dei morti sconosciuto a Paterno
I defunti debbono ancora oggi essere portati a spalla al Cimitero per un sentiero di campagna
Paterno, 8 – (G. Florio) - Scorrendo le pagine di un modesto manualetto di storia per la scuola media, si legge che persino tra i popoli di civiltà primordiale, tra gli uomini che abitavano antri oscuri e che temevano nel tuono e nel lampo l’ira di Giove, esisteva ben radicato un religioso senso del culto dei morti.
Nel nostro paese sembra che la civiltà sia antidiluviana, almeno per quanto riguarda il culto ed il rispetto dei morti. Ciò beninteso non per l’incuria o menefreghismo della popolazione nei riguardi dei loro cari scomparsi, anzi tutt’altro! La nostra amara considerazione nasce esclusivamente dal fatto che ancora oggi, nel ’60, quando si è quasi giunti sulla Luna, per il nostro Cimitero non esiste neanche una modesta strada carrozzabile, ma semplicemente un mal tracciato e scosceso sentiero di campagna, lungo il quale nelle tristi occasioni di funerali, le bare vengono portate a spalla!
Consideriamo superflui ogni altra osservazione o commento ad un fatto di per sé stesso indicativo ed eloquente. Solo ci limitiamo, a riprova di quanto detto, a pubblicare una foto scattata dopo un’abbondante nevicata ed aggiungiamo che nel periodo della neve e della pioggia il suddetto sentiero di accesso al Cimitero presenta difficoltà maggiori per essere attraversato con una bara sulle spalle.
(da Il Tempo, n. 69 del 9 Marzo 1960)

Pino Florio - 2 maggio 2005






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