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UN GRAZIE LUNGO PIU' DI UN SECOLO

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8 settembre 1958: la partenza della processione dal Santuario


Ancora oggi, a distanza di più di cento anni dall'8 settembre 1905, i paternesi ringraziano S. Francesco per aver protetto il paese da un terribile terremoto


L’aria era ancora ammantata della frescura tipica di fine estate, e il riposo proseguiva lento e tranquillo. Sembrava una notte di quiete, quella tra il 7 e l’8 settembre 1905, che con il suo silenzio ammantato di normalità preannunciava una nuova giornata, che, come quelle precedenti, sarebbe stata ancora calda e soleggiata. Ma alle 2,45 una fortissima scossa di terremoto turbò il sonno dei paternesi. Furono 25 secondi di vero e proprio terrore, in cui ciascuno fu preso dal panico e cercò di rifugiarsi da quella che poteva essere una nuova catastrofe. La memoria dei più anziani, infatti, andò subito al 12 febbraio 1854 e al 4 ottobre 1870, quando già due violenti sismi avevano turbato la tranquillità del paese. Ma, fortunatamente, stavolta la catastrofe fu scongiurata. Danni molti, così come tantissima la paura, ma nessuna vittima e nessun ferito grave. Tra gli edifici, i più danneggiati furono la chiesa di S. Barbara a Capore e quella di S. Giovanni Battista a Casal di Basso. Non fu risparmiato da lesioni anche il Convento di S. Francesco, che da pochi mesi era stato restaurato con dei lavori all’altare maggiore, consacrato il 19 marzo dello stesso anno: per i danni causati dal terremoto, i Padri Minimi per un po’ dovettero trasferirsi in una baracca sistemata nel giardino. Un bilancio, questo, che fu invece molto più grave in altri comuni della regione colpiti dal sisma, che all’epoca venne classificato come di intensità pari addirittura all’XI grado della scala Percalli, e alla magnitudo 7 su scala Richter. Il terremoto, infatti, colpì buona parte della costa tirrenica calabrese, da Capo Suvero a Capo Vaticano, e interessò ben quattro delle attuali province, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria. Ben 331 furono i comuni interessati: di essi, 82 furono completamente distrutti. La furia tellurica fece 557 vittime e oltre 2000 feriti, oltre 14000 furono le case danneggiate, e più di trecentomila cittadini rimasero senza casa. Una vera e propria tragedia, che risparmiò Paterno, dove i danni avrebbero potuto essere molto maggiori. Ecco perchè i cittadini paternesi sentirono il desiderio di ringraziare S. Francesco, il santo protettore, ma anche l’amico, il padre, il confidente di ciascun paternese. Le cronache dell’epoca raccontano che dopo la scossa terribile, spaventati, uomini, donne, vecchi e fanciulli, gridando pietà e misericordia si riversarono nel largo di S. Francesco, implorando la sua protezione, pel quale hanno una viva e sicura fede.1

8 settembre 1949: l'arrivo della processione al Santuario


Ed ecco l’origine della festa dell’8 settembre, una nuova occasione per rinnovare la devozione verso il Santo paolano, che a Paterno ha trovato la sua dimora per moltissimi anni, e la cui opera è rimasta nel cuore di ogni paternese. Particolarmente sentita è la processione della statua lignea del santo che attraversa una per una le principali vie del paese, fino a raggiungere idealmente ogni casa. E, anche se i puristi storceranno il naso per manifestazioni che, forse, hanno poco a che fare con la religione (pensiamo per esempio all'usanza di appendere soldi alla statua lignea del santo), si tratta di momenti in cui è viva e tangibile la pietà popolare, e dove raggiunge le sue massime vette la devozione verso il Santo paolano, una presenza quantomai viva nella comunità paternese. Un momento simbolico assai forte è rappresentato dal rito della divuzione: al termine della processione, dopo che la statua è stata sistemata al suo posto in chiesa, ai fedeli viene offerto da parte dei Padri Minimi un pezzo di pane con del pesce fritto, a testimoniare il sacrificio compiuto per amore del Santo. Insomma, quella dell’8 settembre è una data fondamentale per il cammino di fede di ciascun paternese.



1Cronaca di Calabria, n. 96 del 15/10/1905

Luigi Caputo


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