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  IL PORTALE DELLA COMUNITA' PATERNESE NEL MONDO
 
 

     
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QUELL'ULTIMO SGUARDO VERSO LA SUA AMATA TERRA...



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Il 2 Febbraio 1483 S. Francesco, in obbedienza al Papa, lascia Paterno e la Calabria per recarsi in Francia, al capezzale del re Luigi XVI. Alla sua amata terra, un ultimo, amorevole, sguardo.


Nella seconda metà del XV secolo, re di Francia era Luigi XI, figlio di Carlo VII. Il sovrano, colpito da apoplessia e terribilmente spaventato dall’idea della morte, apprende da un suo scudiero della presenza, in un piccolo paese della Calabria, Paterno, di un eremita miracoloso chiamato Francesco. Persuaso che questo possa allungargli il più possibile la vita, lo convoca alla corte di Francia. Francesco però rifiuta più volte l'invito, nonostante le insistenze di Ferrante, re di Napoli, che a sua volta era preoccupato di non scontentare la casa di Francia che era pretendente al trono partenopeo. Ma il re Luigi non demorde, e, tramite il suo ambasciatore presso la Santa Sede Jean de Beaudricourt, chiede ed ottiene l'intervento del Papa Sisto IV. Dinanzi alla volontà papale, Francesco cede, e acconsente a raggiungere la corte di Francia. Il commiato dalla sorella Brigida e dai suoi confratelli non è affatto indolore: Francesco ha 67 anni, e sa che quel viaggio sarà l’occasione per allontanarsi definitivamente dalla sua terra. Alla sorella dona un dente, che si strappa di bocca senza alcun dolore. Ai suoi confratelli e a tutta la comunità paternese, un abbraccio denso di tristezza e di rassegnazione cristiana.

Così, il 2 febbraio 1483, Francesco lascia Paterno e si mette in viaggio verso Napoli, dove lo attendeva la legazione reale che lo avrebbe condotto in Francia. Nel viaggio lo accompagnano tre suoi confratelli: padre Bernardino Otranto, padre Giovanni Cadurio, suo confessore, e fra Nicola d'Alessio, che in realtà era anche suo nipote perché figlio della sorella Brigida. Giunto sulle cime del Pollino, Francesco si volge a guardare per l'ultima volta la sua Calabria e, in un momento denso di commozione perché sa che non l’avrebbe più rivista, la benedice. Ancora oggi è conservata come reliquia a Paterno la pietra su cui rimasero impresse le orme dei suoi piedi.  

A Napoli Francesco giunge il 27 febbraio, dopo aver incontrato lungo il tragitto tanti fedeli e aver compiuto numerosi prodigi in loro soccorso. Nella capitale del regno viene ricevuto da una folla osannante: lo stesso re gli si fa incontro per riceverlo, si inginocchia al suo cospetto per riceverne la benedizione e lo abbraccia amorevolmente. Poi lo accompagna in un alloggio preparato vicino agli appartamenti reali, dove lo ospiterà fino alla sua partenza per la Francia. Sono questi i giorni nei quali Francesco farà altri miracoli. Una sera il re lo spia di nascosto e lo vede in estasi al cospetto di Dio circondato da una luce sfolgorante che aveva rischiarato a giorno tutta la stanza. Un’altra volta, gli invia, tramite un suo paggio, un vassoio di pesce fritto, ma Francesco, che aveva sempre rifiutato le offerte di cibo e denaro da parte del re, ridona la vita ai pesci, e invita al re a ridare la libertà a tutti gli innocenti che ha rinchiuso ingiustamente nelle sue prigioni. E infine, dinanzi ad un vassoio di monete d’oro, necessarie a dire del re per consentirgli di costruire un convento, Francesco rifiuta l'offerta del denaro: poi, prende una moneta dal vassoio, la spezza e mostra al re il sangue che ne sgorga, quindi gli dice: “Maestà, questo oro è il sangue ingiustamente versato dai vostri sudditi a causa delle troppe tasse ingiuste!”. Ferrante, fortemente turbato, promette a Francesco di ravvedersi, ma così non sarà: il re morirà nel peccato, e la sua dinastia si estinguerà dopo pochi anni.


 

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